Come aspiranti scrittori (e non), uno dei pilastri fondamentali per comunicare efficacemente, è padroneggiare la grammatica italiana. Purtroppo, anche i migliori di noi commettono errori grammaticali di tanto in tanto. In questo articolo, esploreremo i 10 errori grammaticali più comuni nella lingua italiana, e seguendo questi suggerimenti, potrai migliorare notevolmente la tua scrittura e presentarti come un autore competente e affidabile.

I 10 Errori Grammaticali più Comuni: cosa un aspirante scrittore deve sempre e tener presente e non sottovalutare mai

  • Qual è o qual’è è una nota dolente per molti. La grafia corretta è ‘qual è’, senza apostrofo. Si tratta infatti di un troncamento, definito dalla Treccani come “la soppressione di una vocale, di una consonante o di una sillaba alla fine di una parola” per la quale non è previsto l’uso dell’apostrofo, e non di un’elisione, fenomeno simile che consiste nella soppressione di una vocale alla fine di una parola e che, invece, l’apostrofo lo vuole.
  • Un po’ / un po / un pò. Tante versioni, una sola corretta: un po’.
    Alla luce di quanto scritto finora, non sorprende che l’apostrofo sia un altro avversario ostico. La regola vuole che negli articoli indeterminativi (un, uno, una) l’apostrofo sia utilizzato quando segue un sostantivo femminile che inizi per vocale. Quindi ‘un’amica’ e non ‘un amica’, così come si scrive un amico e non un’amico.
  • Ne e né. L’accento cambia tutto: ‘né’ è una negazione (“Non voglio né questo, né quello”), mentre ‘ne’ può essere un avverbio di moto da luogo (“Credevo che non ne sarei uscito vivo”) oppure un pronome personale utilizzato come sostituto di ‘di ciò, da ciò, di questo’ (“Ne parlerò con loro”).
  • La punteggiatura, questa sconosciuta. L’italiano è una lingua prolissa, ricca di periodi subordinati e coordinati, il cui senso logico finirebbe col perdersi senza l’uso di simboli di interpunzione a dettare il ritmo e imporre pause più o meno forti. Eppure, spesso le virgole vengono messe a caso o non messe affatto, i punti si perdono nel mare di lettere, il punto e virgola molti non sanno quando debba essere utilizzato, i puntini di sospensione vengono abusati, così come il punto esclamativo e quello di domanda.
  • C’è chi ritiene che il congiuntivo non abbia motivo di esistere.
    Il congiuntivo è il modo verbale della possibilità e dell’incertezza, che si usa per esprimere dubbi e ipotesi (“Che sia opera sua?”), ma anche auguri e desideri (“Spero che tu possa realizzare tutti i tuoi sogni”), esortazioni e ordini (“Esca immediatamente!”). Non viene usato spesso e, peggio ancora, a volte viene sostituito con il condizionale (chi può vantarsi di non aver mai sentito dire “se avrei”?), anche se, è bene dirlo, in alcuni casi è ammesso il se + condizionale.
  • Quasi tutti hanno scritto ‘squola’ almeno una volta. Confondere le lettere C e Q è il tipico errore dei bambini che stanno imparando a scrivere, da adulti sarebbe meglio non commetterlo.
  • Gli / le. L’uso dei pronomi è qualcosa su cui gli italiani tendono a confondersi spesso, benché la regola sia semplice. ‘Le’ si utilizza per riferirsi a soggetti femminili (“Le ho riferito la notizia”), mentre ‘gli’ per quelli maschili (“Gli ho detto che non può farlo”).
  • La D eufonica. C’è chi la usa troppo e chi non la usa affatto. La verità è che va usata con parsimonia: ‘ad’, ‘ed’ e ‘od’ si usano solo quando sono seguite da una parola che cominci con la stessa vocale (“Ed ecco”).
  • Sia nello scritto che nel parlato, alcune parole vengono storpiate: lettere sostituite, consonanti sparite nel nulla, apostrofi aggiunti o tolti . I ‘purtroppo’ diventano ‘pultroppo’, i ‘proprio’, ‘propio’, i ‘d’accordo’, ‘daccordo’, e così via.

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